Description
Per comprendere realmente le origini dell’uomo è necessario connettere la nostra evoluzione a quella di altre specie, non ultima quella delle piante. Dal 1600 fino al 1900 si stima che l’uomo abbia causato l’estinzione di una specie ogni quattro anni; nell’ultimo secolo si sono estinte mediamente da una specie all’anno (dai primi anni del 1900) a più di una specie all’ora (ai nostri giorni). Si stima che entro la fine del 21° secolo si saranno estinte più della metà di tutte le specie viventi. Le zone con la maggiore biodiversità si trovano nelle aree dei tropici. La perdita della biodiversità sta colpendo tutto il mondo in modo più o meno grave. Witjai che in lingua Shuar significa “io esisto” è un viaggio nella bio-diversità: nel vedere, nel conoscere e nel condividere la ricchezza del nostro pianeta. È un progetto di protesta dove l’autore ha chiesto al popolo Shuar di armarsi delle proprie piante, del proprio sapere, della propria millenaria saggezza e di gridare con lui al mondo “io esisto!” È il risultato di un progetto artistico e di un percorso di 1500 km in Amazzonia, non una raccolta di fotografie fatte in un viaggio. Durante i giorni passati nella foresta l’autore scatena la creatività lasciando che l’azione si manifestasse fuori dal suo controllo nel contesto reale: dal fare le cose al farle accadere. L’approccio con cui ha condotto questa ricerca ha unito ed incrociato tre elementi fortemente connessi in un territorio senza apparenti riferimenti: l’intelligenza collettiva della foresta a partire dai semi, il legame Shuar-pianta e la memoria storica del missionario biologo Carlos Crespi (primo ‘900). Questo lavoro è stato realizzato in collaborazione con piccoli clan o famiglie Shuar senza alcuna forzatura, in un contesto vero e assolutamente spontaneo. In questo percorso di analisi e documentazione fotografica usando il dispositivo come il microscopio di un biologo.
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