Description
L’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti onlus, è ente di tutela morale e materiale che, tra i suoi compiti, ha il perseguimento della maggior inclusione sociale delle persone con disabilità visiva “in tutti i sensi”.
Per le persone non vedenti e ipovedenti, il toccare, oltre ad essere un’esigenza, è il modo più efficace per poter conoscere. Se partiamo dal concetto che l’arte dà significato, senso ed importanza alla vita dell’uomo, perché non offrire a tutti questa opportunità?
Una persona non vedente è dotata della stessa sensibilità dei propri simili che hanno la fortuna di poter usare la vista ma, quale valore aggiunto, le persone non vedenti hanno spesso un’insaziabile curiosità e un desiderio profondo di conoscere il mondo e la bellezza nelle sue svariate forme, oggettive o esperienziali.
La pelle: organo complesso, sensibile con una memoria, costituisce il confine tra l’esterno e l’interno del corpo, il mediatore della risposta affettiva, il codice delle relazioni umane e della conoscenza.
Il progetto The Image through the senses confronta due diverse esperienze artistiche fatte dall’autore: quella di Donne non vedenti che abbracciano le statue della collezione di Isabella D’Este e quella di un set di Nurturing Touch con Marinella Cellai a Roma.
La conoscenza della realtà passa attraverso le nostre cinque dita…( James Joyce).
Nulla è più profondo del tatto che ci permette di entrare in sintonia con il mondo circostante e persino con l’anima dell’altro. Le culture ancestrali, (come quella degli Shuar dell’Amazzonia e delle Curandere delle Ande), mi hanno dimostrato quanto sia importante nella comunicazione tra esseri viventi il linguaggio non-verbale fatto di messaggi corporei e di spiritualità tattile. La società occidentale presa da un certo eccesso tecnologico tende a privilegiare la comunicazione visiva come strumento di conoscenza e a concepire la propria vita nella divisione tra corpo e anima. Per questa ragione è abbastanza inusuale pensare al contatto tattile come ad un vero atto conoscitivo o come ad un gesto di corrispondenza tra differenti dimensioni spirituali. Siamo abituati a immaginare l’anima come qualcosa di gassoso che viaggia al di fuori del nostro corpo in una dimensione sconosciuta e molto lontana dal contatto. The Image through the senses indaga su uno spazio invisibile dove corpo e spiritualità sono l’uno l’espressione dell’altra. Il contatto in questo percorso diventa una forma di conoscenza dell’anima e in questa dimensione si confrontano due serie tratte da esperienze diverse: quella delle donne non vedenti che abbracciano le statue a Mantova e quella del Nurturing Touch realizzata con Marinella Cellai a Roma.
Il tatto come immagine
Nella prima parte del progetto 3 donne non vedenti ci raccontano con il proprio corpo l’esperienza del toccare per la prima volta delle statue classiche appartenenti alla collezione di Isabella D’Este. Il senso di questo set sta nell’indagare il rapporto tra la sensibilità percettiva tattile sviluppata da Anna, Isabella e Mirella, non vedenti, attraverso le loro mani e il loro corpo. Le donne non vedenti hanno percepito la forma e la bellezza delle statue antiche attraverso la propria capacità percettiva tattile in modo straordinariamente nuovo e ci hanno riportato le loro emozioni e visioni con il proprio corpo. Le donne nelle foto indossano abiti leggeri per sentire il contatto con la bellezza delle opere antiche. Leggero è anche l’approccio di ciascuna nell’attesa del contatto camminando su un tappeto di foglie secche e ricci di castagne.
Il tatto come Cura
Marinella Cellai da molti anni utilizza il semplice contatto delle sue mani per prendersi cura delle persone malate o per portare sollievo a chi è alla fine dei propri giorni. Questo è il Nurturing Touch che non fa differenze tra le condizioni fisiche e spirituali dei propri soggetti che siano gravemente ammalati o semplicemente alla ricerca della propria dimensione spirituale interiore. Con l’esperienza di Marinella Cellai si entra nella dimensione magnetica ed energetica del contatto che contiene le diverse sfumature dell’emozione dalla paura al piacere, dalla rabbia alla gioia. I soggetti spogliati dei propri abiti quotidiani indossano una veste leggera su un corpo nudo. Nelle loro mani ci sono semi, piante o altri elementi del mondo vegetale.
In entrambe le esperienze l’autore allude alle analogie tra il complesso sistema di percezione delle piante (16 livelli sensoriali) e quello più esiguo dell’uomo. Quando si “perde la vista” si sviluppa l’uso dei sensi secondari. Così il senso del tatto, dell’udito e dell’olfatto tornano ad essere importanti come nelle specie vegetali. Così le foglie sparse ai piedi delle statue classiche alludono a questo stato e forse alle più antiche e dimenticate relazioni tra l’essere umano e il mondo vegetale. I semi in mano ai pazienti di Marinella ci riportano per un attimo al senso e alle origini della vita..
Non si tratta tuttavia di una visione new-age. Balocco opera con la fotografia come in un esperimento scientifico che privilegia una concezione sistemica della vita e che pone in stretta relazione la spiritualità, la scienza e l’arte come fenomeni diversi con una stessa origine che risiede nelle forme più evoluta della consapevolezza umana.
L’installazione propone infine ai visitatori del museo una diversa modalità percettiva delle opere d’arte. In questa dimensione entra in gioco anche un grande dilemma della fruizione dell’arte: non è poi sempre vietato toccare!
Biografia Autore
Fotografo artista ed autore, Balocco usa la fotografia come strumento scientifico in progetti definiti al limite tra la biologia evoluzionista e l’antropologia contemporanea ispirata al pensiero di George Didi-Hubermann. Da alcuni anni privilegia i temi di un’ecologia che parte dalla consapevolezza delle relazioni sistemiche necessarie alla vita e all’evoluzione dell’uomo, il tutto volto a sottendere anche una riflessione su sostenibilità, inquinamento ambientale, problemi energetici, futuro del Pianeta. Nella costruzione dei suoi set fotografici, spesso di impostazione concettuale, l’ambiente umano e sociale viene rivisitato attraverso una visione sistemica che lo connette al mondo intelligente vegetale per rivelarsi nella propria accezione anacronistica. In questo modo, la fotografia è lo straordinario medium che può raccontare e rivelare il valore della biodiversità e della vita come un microscopio per un biologo. Le piante sono da sempre fonte di cura, sopravvivenza e sanazione per tutti gli esseri viventi e in tutte le culture del mondo. La scienza ufficiale le classifica solo come molecole e le divide in categorie per sfruttarle attraverso il metodo tecnologico ma il loro potere e quello delle sciamane che le sanno interpretare è ben diverso. Ad oggi, questo approccio, che considera le piante esseri viventi dotati di energia messa a disposizione dal pianeta per purificare, sanare e nutrire l’uomo, sopravvive solo in poche culture ancestrali come quella andina e amazzonica.
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